Antibiotici e ormoni in zootecnia: un ulteriore approfondimento.

Il consumatore medio è ancora purtroppo incline a credere ai falsi miti che ruotano intorno al settore zootecnico, e tra quelli più gettonati vi è forse la credenza che gli alimenti di origine animale contengano tracce di ormoni e/o di antibiotici; questa teoria propinata dagli onniscienti del circolo di quartiere ha forti ripercussioni sulla fetta di mercato pertinente generando un’onda di polemiche e pregiudizi del tutto infondati.

Come già chiarito in numerosi articoli precedenti, l’impiego di ormoni è severamente normato come sancito dal testo della Direttiva 96/22/CE che abroga le precedenti 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE.

Tale direttiva, in vigore ormai da quasi 30 anni, vieta l’utilizzo e la detenzione di ormoni della crescita, la commercializzazione di prodotti di origine animale (carne o latte, ma anche uova) contenenti tracce di essi e l’importazione di alimenti se ritenuti non conformi alle normative europee vigenti. Per ciò che concerne il management riproduttivo, l’impiego di estrogeni e progestinici è consentito solo dietro stretta sorveglianza del medico veterinario, nei casi di sincronizzazione degli estri, impianto embrionale o conclamata infertilità, previa trascrizione delle molecole somministrate ai rispettivi capi al fine di rispettare il dovuto tempo di sospensione, ovvero l’intervallo di tempo necessario affinché la molecola sia completamente smaltita.

 

Per ciò che concerne gli antibiotici, invece, l’EFSA ha dichiarato che negli ultimi anni c’è stato un notevole calo nel loro utilizzo, cionostante è ancora comune la diceria che vede questi farmaci proliferare tra gli animali da reddito.  Tali molecole non vengono mai utilizzate a scopo preventivo infatti, anche in questo caso, è il medico veterinario, dopo opportuna visita e diagnosi, a prescrivere eventuali terapie farmacologiche all’animale, singolo, i cui prodotti derivati non saranno immessi sul mercato se non con residuo pari a 0 o comunque tanto basso da non poter compromettere né a breve né a lungo termine la salute del consumatore.

Un ulteriore chiarimento è d’obbligo per ciò che concerne la metafilassi, ovvero il trattamento di un gruppo di animali venuti a contatto con l’agente patogeno ma che non manifestano i segni clinici dell’infezione: tale intervento non è da considerarsi ad azione propriamente preventiva poiché mira al contenimento di una malattia già presente in allevamento.

In cocnlusione quindi, è errato pensare che gli alimenti di origine animale presenti sulle nostre tavole non siano sicuri sotto questo punto di vista, anzi: la Comunità Europea garantisce ai cittadini di tutti gli Stati Membri altissimi standard di qualità che passano anche attraverso la verifica della presenza delle summenzionate sostanze.

 

Fonti:

-          Europa.eu

-          Salute.gov.it

-          Carni Sostenibili

-          Efsa